{ 'Bloody Sun,}
I primi raggi del sole si diressero lentamente sulle grate lucide, della persiana in legno. La stanza farsi lentamente più luminosa, lasciando intravedere bene cosa vi fosse al suo interno. Un letto a baldacchino da due piazze, con le tendine di questo chiuse. Un armadio in mogano, al lato del letto, una porta semi aperta che dava sul bagno della stanza. Accanto alla porta socchiusa una piccola scrivania in legno, dove sopra vi sovrastavano dei fogli, disposti in modo ordinato. Poi la finestra e infine un comodino accanto al letto, all'interno una pistola. Per terra vi era un tappetto che stava al centro della stanza, tondo e con piccoli ciuffi di cotone sovrastare e dare colore al tappeto. Mentre al lato del letto, dove vi era il comodino, vi stava, un tappeto di forma rettangolare e di colore nero. Vi erano anche alcuni quadri appesi per la stanza, tutti dello stesso artista, un pittore Francese dell'ottocento.
Morbida seta, andava a ricoprire il corpo roseo e candido del giovane addormentato. Un braccio penzoloni fuori dal letto e la testa di lato, lasciando ricadere in gran parte del volto i candidi capelli dorati. Le lingue infuocate, lentamente andarono a sfiorare le tende in velluto rosso del letto, infiltrandosi in un piccolo spiraglio di esse. Il viso rivolto verso la parte destra, la luce farsi spazio e con velocità raggiungere le palpebre chiuse del giovane. Una smorfia si dipinse sul suo volto, in completo disappunto su quell'intrusione, che lo stava svegliando pian piano. Poi la luce farsi maggiore e gli occhi chiudersi in modo forzato, strizzandoli quasi. Le mani che portavano le coperte sopra la testa, le lenzuola a ricoprire il volto del ragazzo. Poi il suono di un rumore a lui familiare, il rumore della finestra che si apre e dei passi decisi dirigersi in modo lento verso il suo letto.
Un uomo sulla settantina contemplava, a braccia conserte, il giovane disteso. Era quasi un abitudine per l'uomo, doversi prendere la briga, come bravo maggiordomo e in un certo senso amico, svegliarlo e ricordargli come tutti gli altri giorni i suoi quotidiani impegni. Ormai quell'uomo era diventato una specie di agenda vivente, nonché un noto orologiaio, vista la sua puntualità.
« Signorino Keehl, le devo ricordare che ore sono? »
Domandò con voce sicura e calma l'uomo, mentre cominciava a percorrere il bordo del letto. Nel mentre stava tirando il velluto scarlatto e legarlo con grosse corde del medesimo colore, intorno alle colonne in legno. Nessuna risposta intanto si stava facendo sentire dal ragazzo, che aveva ormai deciso di concedersi altri minuti di sonno. L'uomo si fermò nuovamente al bordo del letto di questo, continuando quello che aveva fatto pochi attimi fa nell'altra estremità. Due occhi neri a fissare quel corpo avvolto dalle coperte, sotto occhiaie profonde e le rughe ben evidenti nella pelle dell'uomo. La carnagione decisamente pallida, si poteva capire subito che era un uomo nordico, e anche abbastanza alto. Capelli di color grigiastro, con sfumature biancastre, evidente segno di vecchiaia. Le labbra sottilissime e dei baffetti a sovrastarle, in modo curato e preciso. Un paio di occhiali, di piccole dimensioni poggiati sul naso, davano all'uomo un aria più seria e più colta. Anche l'abbigliamento di questo era curato e molto elegante, vestito completamente in nero, a parte la camicia, che rimaneva del classico colore bianco.
Sotto le coperte, il ragazzo aveva ormai capito, che l'uomo era rimasto li, vicino a lui, attendendo che questo si alzasse e cominciasse la sua solita routine. La chioma dorata, lentamente evacuava da sotto le coltri e farsi largo verso la realtà, abbandonando così il mondo magico dei sogni. Il volto decisamente assonnato e gli occhi socchiusi, che quando anch'essi uscirono da sotto le lenzuola, vennero richiusi velocemente. L'impatto con la luce, dopo ore di buio, era sempre una gran fastidio per il ragazzo, ma così anche per tutte le altre persone normali. Con il passare dei minuti, era uscito almeno fino a metà busto fuori dal rifugio notturno e in modo abbastanza rapido, abituarsi anche all'immensa quantità di luce, che sovrastava la stanza.
« Buongiorno signorino Keehl. »
Disse cordialmente l'uomo che ancora se ne stava in piedi, fissando ogni minimo movimento del ragazzo. Il biondo nel sentire nuovamente quella voce, si era voltato verso l'uomo, andando a incrociare gli occhi corvini di questo. Al contrario il ragazzo aveva due bellissimi occhi azzurri, che davano al biondo un tocco angelico e tutto sommato dolce. Sul volto però vi si poteva scorgere una lunga cicatrice, che divideva in due il volto del ragazzo, dandogli un aria più tosto seria e accattivante, quanto maligna. Questa non vi percorreva solo il volto, ma scendeva fino a metà busto, per poi chiudersi sotto il braccio. Era una cicatrizzazione ormai vecchia, probabilmente il ragazzo l'aveva da qualche anno, provocata molto probabilmente per via di un incendio.
« Watari, la mia colazione? »
« E' in tavola signorino Keehl.»
« Mmh... E il programma della giornata Watari? »
« Il solito signorino Keehl. Dovrebbe recarsi all'ufficio, alle 9:30 poi staccare alle 13:30 e fare la pausa lunch. Verso le 15:30 riprendere fino all'orario di chiusura, alle 18:30. A cena penso che sarà presente anche il signor Lawliet. »
Concluse l'uomo, continuando a fissare il ragazzo, che nel frattempo aveva appreso le informazioni, cercando di non fare confusione mentale, ma ricordare per bene ogni cosa. Quando però realizzò dell'ultima frase, quasi ne fu felice, di poter cenare con il suo adorato cugino, nonché il più bravo avvocato di tutta l'Inghilterra. Ma purtroppo, anche se i due ragazzi erano persone ricche e benestanti, con un alto potere politico e giuridico, non tutto era così rose e fiori, anzi, vi erano molte spine.
Keehl congedò il maggiordomo, che quando uscì dalla stanza chiuse la porta dietro di se, lasciando il giovane nuovamente solo, e libero di muoversi come meglio voleva. Si alzò lentamente dal letto, poggiando i piedi scalzi sul parquet, facendo aderire bene la pianta del piede a esso, per poi con le mani fare leva sul letto e alzarsi dal materasso. Quando fu in piedi, si poteva scorgere alla luce del sole, quella perfetta figura, snella e allenata. Si potevano vedere chiaramente gli addominali e i pettorali impressi nel petto del ragazzo, che, anche se pochi, per via della sua magrezza, davano al ragazzo un tono molto più maturo e virile. Keehl, non era poi così grande, come invece si poteva pensare la prima volta che lo si vedeva, anzi, aveva appena 21 anni.
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Un rumore familiare, echeggiava un suono abbastanza acuto nella stanza, facendo in parte vibrare il tavolino dove vi era appoggiato sopra, il così detto oggetto. Il ragazzo si voltò quasi subito verso la scrivania da dove proveniva il rumore, e con poche falcate veloci, si diresse verso l'oggetto in questione, un cellulare. La cover di colore nero metallizzato e alcune righe rosse ai lati dell'apparecchio elettronico. La mano veloce del biondo andò a recuperare il telefono per poi aprirlo con una mossa veloce del pollice e portare l'oggetto all'orecchio destro, rispondendo così alla chiamata.
« Pronto. »
« Mello. »
« Lawliet? E' successo qualcosa? »
« Assolutamente. Più tosto, credo che sia giunto il momento di farti entrare nel giro. »
« Mh. Che devo fare? »
« Beh, ci sarebbe un lavoro che a me secca parecchio svolgere, ma sai per motivi di affari e gente del giro, ho dovuto accettare. Vorrei che svolgessi un lavoro al posto mio. Posso contare su di te? »
« Capisco. Di che cosa si tratta? »
« Puttane. »
« Puttane? »
« Beh si. Uno del giro, gestisce una specie di %u201Cbordello%u201D e diciamo che lui acquista da noi, se noi acquistiamo da lui. Ovviamente non ho comprato nessuna puttana, è solo per qualche volta, sai una sveltina, dire che è stata brava e andare a casa. »
« E in cambio tu, gli dai la merce? »
« Si. »
« A che ora, e dove? »
« Alle 10:30 in via Fleet Street, numero 7. Non preoccuparti per il lavoro, ho già chiamato Roger e puoi prenderti tranquillamente la giornata libera. »
« La giornata? Quando devo stare da questa qui? »
« Non saprei. Il tizio ha detto che potevo giocare con lei tutto il giorno, quindi fai un po' come preferisci. »
« Mh. Bene, a stasera allora. »
« A stasera. Ah Mello... »
« Si? »
« Vacci da solo all'appartamento. Watari non deve sapere nulla di questo. »
Il telefono si richiuse nuovamente, provocando un piccolo rumore sordo. Gli occhi di Mello si diressero verso il bagno, il quale vi sarebbe dovuto entrare già da prima, prima che Lawliet lo chiamasse. Riposò il telefono sulla scrivania, dirigendosi così verso la stanza da bagno, per poi chiudercisi dentro. La stanza era abbastanza grande, vi si poteva scorgere una vasca da bagno, con poco più distante una cabina doccia, in vetro. Davanti alla porta un lavandino e sotto esso un mobiletto, dove probabilmente vi erano riposti asciugamani e quant'altro. Di lato vi era un gabinetto con accanto un bidè. Quella mattina optò per una doccia fredda, ci sarebbe sicuramente voluta per svegliarsi del tutto, considerando poi che sarebbe dovuto andare da quella ragazza, e starci fino al pomeriggio. Quando si intrufolò nel getto freddo e potente dell'acqua, per poco non rischiava di rimanerci secco da quanto l'acqua fosse fredda. Sul suo corpo cominciarono a scorrere veloci le gocce dell'acqua e con fare veloce portarvi sul corpo il bagnoschiuma, andando a lavare bene ogni parte del suo corpo. Avrebbe voluto essere il minimo presentabile, molto probabilmente quella era stata con molte persone prima di lui e molto probabilmente avrebbe potuto avere malattie e quant'altro. Decise così che appena avrebbe finito il suo bagno rinfrescante, avrebbe messo nel portafoglio un preservativo.
Si era asciugato in fretta e quando finì di asciugare per bene anche i lunghi capelli biondi, che gli ricadevano sulle spalle in modo abbastanza ordinato, mentre davanti portava una frangia curata, anche se più che una frangia, aveva quasi assunto la forma di una falda, una falda abbastanza lunga, si era diretto verso l'armadio, dove vi avrebbe prelevato i vestiti. Come al solito, scelse dei vestiti neri. I pantaloni in pelle con dei lacci di cuoio che si legavano davanti, al posto della solita zip. Sopra una maglia aderente nera, con qualche strappo fatto apposta. Ai piedi delle scarpe, fatte con pelle di serpente, anch'essa nera. Prese il portafoglio, accertandosi di averci messo il profilattico e uscì così dalla camera.
Stava percorrendo lentamente il corridoio, che avrebbe portato alla scala bianca che faceva da divisore tra il piano terra e il primo piano. Scese veloce gli scalini in marmo e quando fu al piano terra, si diresse veloce verso la sala da pranzo, dove la sua adorata colazione lo stava attendendo da un po'. Accanto alla sedia, dove lui era solito sedere, vi era il maggiordomo, che attendeva pazientemente il padrone di casa.
« Watari? »
« Si, signorino Keehl? »
« C'è un cambio di programma, oggi starò via tutto il giorno, Lawliet ha già avvisato in ufficio. Devo svolgere un lavoro per lui. »
« Sarà a casa per l'ora di cena signorino Keehl? »
« Si. Ci sarà anche Lawliet. Ora può andare. »
« Come desidera signorino. »
L'uomo si volatilizzò dietro la porta in legno, lasciando nuovamente in pace Mello, che cominciò a fare la sua colazione, leggendo come d'abitudine, il giornale. La gazzetta dello sport. Mello non era esattamente un tipo molto sportivo, ma amava lo stesso sapere le notizie della squadra di basket, avendo lui giocato per 5 anni in una squadra di Londra, una di quelle che ti indirizzano a diventare importante, ad avere un nome nel mondo dello sport. Ma quando finì gli studi, smise anche le attività sportive, dedicandosi così, meglio alla carriera, assieme al cugino Lawliet, che altro non era il suo unico parente rimasto in vita, dopo l'incidente di molti anni fa.
Erano appena scoccate le 10:00. E Mello notando l'ora tramite l'orologio a pendolo, che si trovava nella stanza, esattamente in fondo alla lunga tavolata, si alzò di scatto dalla sedia. Con passi veloci, si diresse verso la porta principale, afferrando dal porta chiavi, che stava appeso alla parete, un paio di chiavi nere. Dall'attacca panni invece, ne trasse un chiodo nero, che indosso velocemente, per poi uscire di casa. Il giardino che stava in torno alla casa, era enorme e girando l'angolo dell'abitazione, vi si poteva arrivare velocemente al garage, dove vi era la sua bambina. Una moto da corsa, nera, perfetta e con due marmitte che erano un gioiellino per gli occhi del biondo. Prese il casco che vi stava sopra essa e velocemente lo indossò. Con un movimento veloce e da vero professionista vi salì sopra la moto, che non appena posizionatosi su essa, accese, scaturendo un rombo abbastanza potente. La visiera che veniva velocemente abbassata, il telecomando che andava ad aprire il cancello e successivamente riposto nella testa del giubbotto nero. Un altro rombo e la moto slittò via, oltre l'alto cancello della abitazione.
Le strade quella mattina erano più ingorgate e piene di macchine più che mai. A mala pena si riusciva a passare tra una macchina e l'altra, persino Mello faticava, nonostante lui fosse molto abile con il motore. Dopo varie imprecazioni, finalmente riuscì a dislocare dalle vie principali, dando la caccia alla via che Lawliet gli aveva detto al telefono quella mattina; Fleet Street. Non ci volle molto a rintracciarla, era abbastanza facile per uno come Mello, che aveva passato la vita girando per le strade di Londra, trovare una via come quella, solo che non era delle migliori. La zona era quasi deserta, se non per qualche sgualdrina per strada, e qua e la barboni seduti a terra a chiedere l'elemosina. L'edificio che il cugino gli aveva riferito poco prima al telefono, era uno degli ultimi della strada. Era di mattoni, di color rossastro che tendevano ad andare sul roseo, anche se con pochi accenni, visto che non era molto pulito e nemmeno a norma di sicurezza, molto probabilmente. Quando vide qualche delinquente aggirarsi verso l'edificio, evitò prontamente di lasciarvici la moto, l'avrebbero sicuramente danneggiata e lui certo non voleva questo. Opto per proseguire, fino a lasciarla in un posto completamente deserto. Sceso dalla moto e assicuratosi di non essere visto da nessuno, cominciò a camminare in direzione dell'edificio. Non gli ci volle molte ed era addirittura in orario, nonostante lui non fosse uno di quei ragazzi, che arriva puntuale a ogni appuntamento prestabilito.
Si avvicinò alla rampa di scale, dove una donna vi stava in cima ad essa, o perlomeno alla prima rampata. Era vestita con qualche straccio e non aveva l'aria di essere nelle condizioni igieniche più appropriate. Salì comunque gli scalini, evitando di guardare la donna, che invece si ostinava a fissare l'altro, ma quando questo gli passo vicino si allontanò e lo lasciò passare. Proseguì fino al terzo piano, dove vi era il fatidico numero 7, impresso a caratteri cubitali sulla porta dell'appartamento. La fissò per qualche minuto senza fare niente e quando aveva quasi deciso di bussare, il coinquilino dell'abitazione aprì la porta, mostrandosi al giovane.
Occhi smeraldi e capelli rossi, qualche lentiggine sul volto pallido, un po' di occhiaie, sicuramente dovuto alle poche ore di sonno. Il fisico magrolino e la pelle troppo chiara.
« Salve. »
Ruppe il silenzio il biondo che fissava l'altro ragazzo, che all'incirca aveva la sua stessa età. Dal canto suo l'altro ragazzo fissava Mello, quegli occhi glaciali, quegli occhi così limpidi, quasi puri, quasi perfetti, sarebbero soltanto stati l'ennesima causa della sua morte.
« Entra. »
La voce calma, un po' lieve del giovane che intanto si spostava e lasciava spazio al biondo, che un po' titubante entrò dentro, contemplando la stanza. Prima che potesse dire qualcosa, la porta dietro di se si richiuse e con uno scatto veloce della testa si voltò verso essa, notando che l'altro vi era ancora dentro.
« Scusa, ma questo è l'appartamento numero.. »
« Sono io, sono io la tua puttana. »
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